Il Kolomo Zen
Il Kolomo
I primi discepoli del Buddha in India, visto il clima particolarmente caldo, non avevano bisogno di indossare vesti particolari ad eccezione del sari e sopra il Kesa, detto Kasaya in sanscrito.
In effetti durante i miei viaggi in Thailandia e Laos ho potuto constatare di persona che il modo in cui viene indossato il Kesa è completamente diverso da quello che siamo abituati ad usare qui in occidente nella tradizione Zen Soto.
In paesi particolarmente caldi in cui la tradizione è prevalentemente Theravada ho avuto modo di constatare che l’abbigliamento dei monaci rispecchia molto quello che doveva essere stato l’abbigliamento dei monaci all’inizio della tradizione buddhista.
Una gonna, o Sari, si avvolge intorno alla vita e qualche volta è sostenuta da una semplice corda oppure semplicemente si rimbocca la stoffa all’interno della linea della vita, poi il Kesa è indossato come fosse una coperta che avvolge la parte superiore, a volte lasciando il braccio destro libero, a volte invece avvolto su tutte e due le spalle.
Con la diffusione del buddhismo nei paesi settentrionali come Cina e Tibet, e più avanti nel tempo il Giappone, in considerazione delle condizioni climatiche più rigide e fredde, i monaci aggiunsero altri abiti.
In Cina si iniziò ad usare un tipo di Camicia o “giacca” chiamata hensan per coprire il dorso (c. pien-shan) vestita sotto il Kesa, molto simile a quello che ai nostri giorni si chiama Juban ovvero una camicia che sul davanti si chiude sovrapponendo i due lembi, con maniche molto ampie e lunghe. Questa a sua volta veniva abbinata talvolta ad veste
o gonna chiamata kunsu, una stola di stoffa alta dalla vita fino alla caviglia, che ricorda molto una Hakama, o come il sari indiano e che veniva drappeggiata a seconda della necessità.
L’hensan e il kunsu cuciti insieme si trasformarono in Giappone nel kolomo, abito tradizionale del monaco zen.
Quello che ancora mi resta da scoprire è la simbologia delle pieghe del Kolomo, sempre che ce ne sia una, se non la ragione molto pratica di potersi sedere in Zazen senza che vengano scoperte le gambe.



